L’albero di sambuco è uno dei più importanti simboli vegetali dell’immaginario mitologico dei Celti. Il suo nome deriva dal greco sambyké, che era uno strumento musicale simile a un’arpa, ricavato proprio dai rami del sambuco. Così musica e natura si fondono in quest’immagine simbolica dai tanti richiami e valenze. Che cosa rappresentava e che potere aveva questo albero? Come la tradizione si è incaricata di trasmettere questi significati? Qui di seguito la spiegazione di tutti i quesiti.

L’albero di sambuco nel calendario celtico

Uno degli aspetti più importanti che definiscono i popoli antichi è la loro concezione od organizzazione del tempo. Partiamo dunque dal calendario dei Celti, suddiviso in 13 mesi. Il sambuco rappresentava nient’altro che la tredicesima luna, ovvero la fine di un ciclo, in concomitanza con il solstizio di inverno. Non è un caso che il numero 13 nel simbolismo celtico stesse a significare un momento di passaggio e trasformazione. La fine dell’anno veniva celebrata con la festa di Samhain, nella notte tra il 31 ottobre e l’1 novembre. Evidente il richiamo al mondo dei morti, in cui onore si concludeva l’anno celtico, a simbolo della fine di tutte le cose.

Non lasciamoci però ingannare dal significato apparentemente negativo. La morte, in effetti, è sinonimo di termine, ma al tempo spesso è condizione necessaria di un nuovo inizio. Proprio sotto questa luce si comprende a fondo l’associazione a immagini di rinnovamento e rinascita. Il sambuco diventa così simbolo della lotta alla morte e della difesa della vita.

Il sambuco nella medicina

Nella tradizione celtica, tanto la corteccia come i frutti, tanto i fiori come i germogli, venivano adoperati a scopi medicinali. Sicuramente avrete sentito parlare dei Druidi, personaggi ricorrenti nelle attuali serie fantasy. Appartenenti alla classe dei sacerdoti, erano rinomati per il loro ruolo di maghi erboristi. Al limite tra pratiche religiose e incantesimi, utilizzavano i rami di sambuco per farne delle vere e proprie bacchette magiche. Che fosse scienza o magia, il sambuco era dunque considerato come l’albero della guarigione.

Il sambuco e le fate

Un’altra relazione simbolica è quella con le fate. Raccontano le leggende celtiche che alla vigilia del solstizio d’estate, in prossimità dell’albero di sambuco, davanti agli occhi di chi lo cerca si dischiuderà il regno delle fate. Queste piccole creature magiche sono, infatti, attratte dalle dolci note emesse dal sambyké, nonché da altri strumenti musicali a fiato a cui veniva attribuito il nome latinizzato di sambuca. Erano specialmente flauti e cornamuse, così chiamati proprio perché anch’essi realizzati con legno di sambuco.

Tra le fate, la più importante nella tradizione celtica era Holda, raffigurata come una splendida donna dalla chioma dorata. Tale era il rispetto e la venerazione a lei portati, che prima di attingere dall’albero per rifornirsi di legname o frutti, i Celti pregavano la fata, che poi allietavano con la musica del flauto.

La protezione e divinazione del sambuco

Al suono dei sambuca, e di conseguenza all’albero stesso da cui hanno origine, veniva attribuita una funzione di difesa dalle forze del male e dai sortilegi. Non a caso, il famoso Flauto magico dell’opera di Mozart era proprio un bastoncino di sambuco. Piantato in prossimità di case e fortezze, li proteggeva da scorpioni, serpenti e altre creature maligne. Era inoltre un simbolo di buon augurio per novelli sposi e donne incinte, e proprio in ambito di gravidanze vantava persino un potere profetico. Se i suoi fiori sbocciavano color della ruggine, significava che un neonato era in arrivo. D’altro lato, i Celti si mettevano in guardia dal costruire culle con il suo legno, che avrebbe potuto arrecare una sorte funesta per i neonati.

Dal simbolismo ricco e complesso, il sambuco celtico può essere definito come un segno in un certo senso ambivalente. Vita e morte sono racchiuse nella stessa immagine, che per sprigionare la sua magia positiva esige il rispetto da parte dell’uomo di precise condizioni e regole dettate dalla natura e dai suoi abitanti incantati.