È un simbolo assai comune, facilmente reperibile, quale dipinto murale, in tutto l’ampio territorio americano, dalle terre degli Hopi nel sud ovest, all’estremità meridionale del continente americano stesso, sino al nord del Canada. Ma l’origine di Kokopelli – Kokopilau nella lingua originale – resta sconosciuta: l’unica ipotesi formulata è quella che vede questa figura associata a quella di un mercante azteco, noto come Pochtecas, il quale nei suoi viaggi attraverso il centro America portava con sé la propria mercanzia, riposta in un sacco sulla schiena, e suonava il flauto perché la musica preannunciasse il suo arrivo.
Detta formulazione, tuttavia, non è propriamente aderente alla realtà delle cose, dal momento che le prime incisioni relative a Kokopelli sono datate a tempi antecedenti alla civiltà Anasazi, sorta all’incirca intorno al 750 d.C. e sviluppatasi in maniera definitiva verso il 1000 d.c.
Ciò che è certo, ad ogni modo, è che Kokopelli rappresenta uno dei massimi “esponenti” degli usi e delle leggende dei Nativi Americani, assurgendo a spirito guida e guaritore, a dio della fertilità e della musica. Non è un caso, infatti, che venga raffigurato mentre suona il flauto e con un evidente gobba, causata molto probabilmente dal sacco pieno di semi che porta sulla schiena, un chiaro simbolo di abbondanza e di buon augurio, legato appunto al culto della terra ed alle sue coltivazioni.
Un’altra lettura è quella che vede in Kokopelli una figura proveniente da un’altra dimensione, una sorta di “viaggiatore del tempo”, che con il flauto e la danza apre le porte a regni sottili.
KoKopelli viene considerato anche come un dio trickster, emblema della felicità, della gioia e della fertilità. Trickster, ovvero “ingannatore” , “truffatore”, “imbroglione”, è un termine coniato da alcuni studiosi occidentali, alle prese con i miti dei nativi americani, che hanno cercato di “concentrare” demoni o divinità che risultassero simili nella condotta, una condotta amorale, al di fuori delle regole convenzionali.
Le leggende legate a Kokopelli
Il mito di Kokopelli ha ispirato molte storie e leggende, la più nota delle quali vuole che detto suonatore procedesse di villaggio in villaggio annunciando, con il suo arrivo, il passaggio dall’inverno alla primavera. Al suono del suo flauto il sole compariva in cielo, la neve si scioglieva, l’erba si colorava di un verde smagliante, gli uccelli cominciavano a cantare e gli animali si riunivano per sentire le sue canzoni.
Un’altra leggenda dipinge Kokopelli come un menestrello errante che trasporta le canzoni sulle sue spalle, commerciandole con quelle vecchie: chiunque avesse ascoltato quelle canzoni avrebbe ricevuto tanta fortuna e prosperità.
Per i Navajo, Kokopelli simboleggia soprattutto uno spirito guida e un cantastorie di favole di altre tribù, ma non è l’unico ruolo che gli viene attribuito; infatti sovente viene rappresentato come un commerciante ambulante che porta nel suo sacco delle merci materiali leggeri come piume, conchiglie, pietre semipreziose e semi.
La tradizione dell’Utah del sud, invece, vede in Kokopelli un uomo piccolo che è solito andare nei villaggi trasportando un sacco di semi di cereali sulle sue spalle, insegnando alla gente a coltivare. O che commercia il grano e conchiglie in cambio di pezzi di turchese: una lettura, questa, la cui ratio è probabilmente derivata dai commercianti del tempo, i quali preannunciavano il loro arrivo suonando il flauto.
Tra gli Hopi, Kokopelli trasporta i bambini non nati sulla sua schiena, donandoli alle donne; spesso prende egli stesso parte ai rituali legati al matrimonio, venendo talora raffigurato come una consorte, una donna il cui nome è Kokopelmana.
Altre leggende, infine, riportano che tra i petroglifi ritrovati nell’aerea di Four Corners (regione dell’ovest degli Stati Uniti in cui gli Stati dell’Arizona, del Colorado, del Nuovo Messico e dello Utah si incontrano), Kokopelli è l’unico essere antropomorfo dipinto sulle rocce, che abbia un’identità.
Kokopelli oggi
Ancor oggi è amatissimo dai discendenti dei Nativi Americani: Kokopelli resta infatti una figura di tutto rispetto, grazie anche al suo carattere ed alla sua indole scherzosa, ed al buon umore che il suo arrivo diffondeva ovunque.
Ritratto da artisti e artigiani, conserva un’accezione divina, indipendentemente dalla natura “a modo” o truffatrice che gli si è assegnata, perché con lui giungeva il bene.
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