L‘albero Bodhi, importantissimo per la religione buddistha, è il fico sacro sotto al quale Siddhartha Gautama (ovvero il fondatore del buddhismo) raggiunse l’illuminazione. Oggi questo speciale albero, o meglio, un discendente dell’originale, si trova nei pressi del Tempio di Mahabodhi ed è una famosa meta di pellegrinaggio.

L’albero Bodhi: il Ficus Religiosa

Cerchiamo di scoprire qualcosa di più su questo particolare albero.

Appartiene alla specie del Ficus Regligiosa, conosciuto anche come fico sacro, bo (dal cingalese Bo), Pipal o,aśvattha in sanscrito. E’ un semi-sempreverde che può raggiungere i trenata metri di altezza e i tre metri di diametro. Queste notevoli dimensioni, però, si verificano solo nel suo habitat naturale cioè in India, Cina e Vietnam. Sono presenti alcune specie di Ficus Religiosa anche in Europa, dato che è un albero estremamente resistente e forte, ma di dimensioni notevolmente più piccole.

Il suo aspetto è molto ramificato, la sua chioma folta e le foglie sono a forma di cuore. Pur essendo un semi-sempreverde perde le foglie nella stagione asciutta e secca. I fiori danno origine a dei piccoli frutti, del diametro di un centrimetero e dal colore viola.

La particolarità del nome

Questo albero è da sempre collegato alle grandi religioni asiatiche (e non). Prima dell’illuminazione del Buddha era venerato per il suo collegamento con Visnu, uno dei principali dei indiani della trinità sacra agli induisti.

Visnu, il dio reggente dell’universo, veniva spesso rappresentato insieme a questo albero. Gli studiosi, ancora oggi, si domandano se il suo grande potere potesse derivare dal Ficus Religiosa ma non ci sono risposte certe.

Anche presso i celti il fico ricopriva un ruolo estremamente importante, tanto da diventare uno dei 22 alberi dell’oroscopo. Le credenze di questo popolo ritraevano l’albero come una grande fonte di energia positiva, utile per raggiungere una conoscenza maggiore di se stessi.

L’albero e Buddha

Come abbiamo detto l’albero Bodhi è famoso soprattutto per esser stato la sede sotto la quale Siddhartha raggiunse l’illuminazione.

La storia narra che Siddhartha, proveniente da una famiglia molto ricca e potente, all’età di 29 anni decise di uscire dalle mura del suo palazzo per scoprire il mondo.Sulla sua via incontrò un vecchio, un malato e un morto. Questi tre incontri lo coplirono molto e gli aprirono gli occhi sulla sofferenza e sul dolore che parevano regnare fuori dal suo castello. Sconcertato si rese conto che tutto ciò che gli era stato insegnato, tutti i valori in cui credeva, erano in realtà cose effimere e di poco conto.

Decise, allora, di dedicarsi alla vita ascetica e di abbandonare tutte le sue ricchezze. Fece voto di povertà, si rasò e cominciò il suo percorso di introspezione critica. Il suo scopo principale era quello di giungere alla liberazione dal dolore tramite pratiche come la meditazione, la rinuncia al cibo e la resistenza al dolore fisico.

Tutti i suoi tentativi, però, furono vani. Siddhartha imparò dai migliori maestri tutte le pratiche (tanto da superarli), imparò ad “uscire da se stesso” per alcuni momenti ma nel complesso non si reputava affatto soddisfatto. Non aveva ancora trovato ciò che stava cercando.

A 35 anni, dopo avere abbandonato tutte le pratiche rigide e dolorose, si raccolse in un ritiro solitario e ininterrotto. Fu in quel momento che, dopo alcuni giorni di raccoglimento, seduto sotto l’albero Bodhi nella posizione del loto, raggiunse l’illuminazione.

Durante l’illuminazione entrò nel Nirvana, venne a conoscenza delle Quattro Nobili Verità e dell’Ottuplice Sentiero, liberandosi per sempre dal ciclo della rinascita. Il suo obiettivo era raggiunto.

Da quel momento in poi il Buddha (cioè l’illuminato) insegnò a numerosi discepoli le tecniche per raggiungere il suo stesso livello di consapevolezza. Il segreto, secondo Siddhartha, era quello della “via di mezzo”: cercare di vivere una vita senza eccessi, nè unicamente incentrata sui sensi, nè dedicata totalmente alla rinuncia.