I guardiani austeri e quasi minacciosi che sovrastano la porta d’ingresso dei templi buddisti sono un tratto distintivo della cultura giapponese. Per chi ha già avuto la fortuna di visitare questo magnifico paese o sta programmando un viaggio alla scoperta dell’oriente, il presente articolo vuole fornire delle utili informazioni che vi avvicineranno alle tradizioni e credenze nipponiche. Queste statue dall’aria solenne racchiudono in sé una grande ricchezza di storie e leggende che vale la pena conoscere. I templi buddisti non avranno più segreti per voi dopo aver letto la nostra pratica guida.
La funzione dei guardiani dei templi buddisti
I templi giapponesi sono luoghi di pace che incoraggiano la riflessione e la meditazione. Sebbene il buddismo vieti categoricamente gli atti di violenza, il suo invito alla non belligeranza non era certo gradito a nemici e saccheggiatori, che nel corso della storia devastarono senza pietà questi luoghi di culto. I guardiani nacquero con una funzione protettiva. Temuti da alcuni, insignificanti per altri, la loro importanza era tuttavia ben radicata nella cultura nipponica. Il loro ruolo era allontanare dal Budda le forze del male. Narrano vecchie credenze che fossero proprio i guardiani ad aver viaggiato insieme al Budda garantendogli sicurezza e protezione. Costruite normalmente in pietra, ma anche in marmo, bronzo e ceramica, di queste statue esistono diverse varianti. Dai tratti umani o animaleschi, indipendentemente dal loro aspetto sono erette con un medesimo scopo ai due lati del portone di ingresso.
Caratteristiche e simbolismo
I due custodi obbligano chiunque passi attraverso il Niomon, ovvero il cancello di accesso al tempio, a essere scrutati dal loro sguardo di pietra.
Agyō e Ungyō
Chiamati anche Niō, che significa Re benevoli, hanno ciascuno le proprie caratteristiche e i propri richiami simbolici. Partendo dal guardiano di destra, Agyō, è raffigurato con la bocca aperta e i denti scoperti. Già dall’aspetto è un simbolo di minaccia e violenza. Per di più tra le mani stringe una mazza da battaglia, che allude al suo potere di agire secondo la propria volontà. Altri elementi caratteristici sono il bastone del fulmine e il simbolo del sole, che simboleggiano rispettivamente la sua impulsività e la forza della luce che lo sostiene. Il guardiano di sinistra, Ungyō, è scolpito con la bocca chiusa e le mani vuote. Senza spada e senza voce, è comunque un simbolo di forza. Il custode, infatti, è talmente sicuro di sé che non ha bisogno di armi né di gridare per opporsi ai malvagi e vincere le ingiustizie.
I due guardiani insieme rappresentano l’inizio e la fine, la nascita e la morte di tutte le cose. Secondo la tradizione, il custode dalla bocca aperta pronuncia il suono “A”, mentre il custode dalla bocca chiusa non emette altro che il grugnito “ɦūṃ”. L’unione dei due suoni forma la parola “Aum”, che in sanscrito indica il tutto assoluto.
Fujiin e Raijin
Oltre ad Agyō e Ungyō, un’altra coppia di guardiani è costituita dagli dei scintoisti Fujiin e Raijin. Il primo è il dio del vento, mentre il secondo è il dio dei fulmini e delle tempeste. Fujin è raffigurato come un demone spaventoso che porta sulle proprie spalle un grande sacco contenente i venti. Il significato sottostante è che il guardiano può discutere con gli altri in modo moderato o spazzare via le ingiustizie con il potere della parola e della volontà. Raijin è invece raffigurato con un anello di tamburi di cui si serve per riprodurre il rombo del tuono. Narra una leggenda che in passato salvò il Giappone dai Mongoli lanciando frecce contro il nemico dall’alto delle nubi. Questa coppia di custodi simboleggia insieme l’impetuosità della natura, contro la quale l’uomo si oppone spesso invano.
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